lunedì 15 novembre 2010

La perla bianca non muore d'autunno

Il tempo è venuto, si riparte, stavolta per davvero, o quantomeno stavolta lo credo.
Le cose non dovevano andare così, avrei dovuto correre, preparare una maratona, ma di km nelle scarpette ce ne ho messi veramente pochi. La corsa non perdona, ti butta dentro il suo vortice senza che tu te ne accorga e ti fa uscire quando le pare. A me ha fatto uscire presto, insieme al mio tendine dolorante, ma senza allontanarmi troppo. È stata la MTB a farmi uscire del tutto. Una caduta stupida, una falsa diagnosi, una lesione che cresce e cresce e poi eslode in tutta la sua prepotenza.
Antinfiammatori a volantà. E riposo, soprattutto riposo. Due settimane di completa inattività, tre se consideriamo anche quella precedente alla caduta quando ai box mi ci ha mandato il tendine. Poi un primo assaggio, pochi km, qualche strappo, parecchia emozione. Un bambino e il suo giocattolo.

Il giocattolo nuovo, vecchio, arriva giusto in tempo prima di cominciare, prima che ne abbia bisogno. Una persona alla quale non mi stancherò mai di dire grazie e l'impegno a mettere a frutto, verso giugno, dei mesi di novità strutturali.

Sabato 13 Novembre è un plumbeo giorno. La mattina passata a lavorare ai travetti del soffitto fa crescere l'ansia. Come se fosse la prima volta, come se mia spettasse chissà cosa di nuovo. E invece il giro è lo stesso, le curve sono le stesse e l'aria sempre la stessa. Non la mia condizione però, anche senza cardio non è difficile intuirlo. Salite di 30 metri sono un ostacolo non inconsistente. Non so capire se i watt siano tanti o pochi, ci devo capire un po' di più dentro questa questione. In ogni modo sono pochi, non ci sono dubbi.

E Domenica è il giorno del test. Il Monte Serra mi aspetta senza scoprirsi troppo, dentro al suo cappotto di nebbia e nuvole basse. Non mi vesto tanto, pantaloni corti e gambali, primaverile e smanicato. Scelta buona, ci azzecco, non sono arrugginito almeno per questo.
Lo strappo dei muli è come sempre bastradissimo, e pone mille domande sulla condizione, anche se la catena non si sente. Bientina, Cascine, e poi Buti. Aziono l'intertempo per calcolare bene i dati sulla scalata e mi butto fra quei tornanti, a rimbalzare da una carreggiata all'altra per non sprecare secondi, tempo, energie. Sempre al limite, mai arrendendosi del tutto. Qualche calo c'è, è naturale: l'ultima salita l'ho fatta un mese e mezzo fa.
Quando arrivo a fermare il cronometro la risposta è abbastanza cattiva, ma d'altronde il Serra non mente, e io non posso mentire a lui. Amore e odio che si fanno da parte, dietro alle prospettive di una prossima volta migliore.

In discesa mi arrischio poco, la strada è un bordello di foglie e di ruscelli d'acqua esiliati dal loro corso. Mi sono già fatto male, eviterei di ritornare sui miei passi.
Decido di tornare verso casa, uscita breve ma le gambe se la ricorderannos icuraemnte, visto lo stato di forma. Trovo Cipollini che mi saluta, e io contraccambio. Sulle salitelel di Orentano e di Galleno è il delirio della crisi, ma in 51 km non c'è molto spazio per le agonie. C'è spazio a sufficienza, invece, per credere più che mai che senza quella perla bianca di carbonio la mia vita sarebbe incompleta.

Spazio ai numeri, in settimana iniziamo a scrivere le formule.

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