domenica 18 dicembre 2011

E fuori c'è il sole...

Per tutta la notte ho immaginato una mattinata di sole, di quelle che, nonostante il freddo pungente, riempie di sensazioni e piacere di pedalare. Con alle spalle la prima settimana di preparazione in vista della prossima stagione, le motivazioni alle stelle, questa domenica doveva essere la prima in cui tornare e far un po' di fatica per qualche salita della zona, in compagnia della squadra.







Ma che poi questa mattina sia di un grigiore squallido e fredda come il vento che l'ha portato, poco importa. Nelle gambe ancora le 4 ore di ieri, ma non stanchezza, solo la sensazione di aver lavorato bene.


E così il pomeriggio di ieri, con i miei genitori fuori casa e un esame andato bene appena il giorno prima, mi sono messo a fare dei lavoretti da niente, tanto per prendermi un fine settimana lontano dai pensieri dei libri e per rimettere in ordine un giardino e un orto messi a dura prova dalla burrasca di venerdì sera.






Le foglie sono tutte negli angoli, e anche se i ciuffi d'erba ribelli più alti degli altri sono davvero pochi, prendo il tagliaerba per fare prima e meglio.


Non parte. Pulisco il filtro dell'aria, ma nulla. Allora cambio la candela e finalmente parte.






Sono quasi alla fine, manca solo un piccolo pezzo attorno ai bulbi ch ho piantato l'inverno scorso. L'altezza del taglio deve essere regolata però abbassata.






Ed è qui, dove l'esperienza, la confidenza e la tranquillità entrano in azione. So bene dove la lama gira e dove non, è solo routine. Ma per un motivo per il quale ancora non mi so dare risposta, invece che mettere la mano sulla parte iniziale della macchinetta...


Mi chiedo cosa sia stato quel rumore a metà fra il sordo e il metallico. Un istante dopo mi rendo conto che sono i miei diti.






Ed è una corsa di sangue verso il rubinetto del garage, un crescente senso di svenimento che caccio via con la sola forza della ragione. Trovo la forza di guardare, e vedo la prima falange del dito medio rimasta attaccata soltanto per un piccolo lembo di pelle. Il polpastrello dell'anulare inesistente. La paura inizia a pervadermi, ma non è il caso di rimanere vittima di se stessi, adesso.






La benedizione del telefono in tasca, del migliore amico dopo pochi minuti davanti casa. Il pronto soccorso, e un intervento con 4 medici solo per me, per metà al lavoro sulla mia mano e per l'altra scherzando con me. Dicono che non perderò quel pezzo, che fra un po' ritornerò come prima, Fra un po'.






Per ora però, fra il dolore fortissimo che rimane di una giornata che non dimenticherò a lungo, e l'insonnia che tanta compagnia mi ha fatto per tutta la notte, riesco solo a pensare a cosa poteva essere questa giornata e le prossime decine senza una distrazione così stupida.






Guardo fuori dalla finestra, sogno di essere là davanti al gruppo a battagliare. Ignoro la chitarra elettrica di fianco a me che non so se mai potrò suonare come prima. E nonostante il grigiore di un inverno appena arrivato, riesco soltanto a immaginarmi una mattinata di sole. Una come tante.




1 commento:

  1. Ciao Fabio,
    leggere queste righe mi ha un pochino scosso.
    In bocca al lupo per un buon recupero.
    Un unico consiglio: non avere fretta, non bruciare le tappe, fai le cose PER BENE, accantonando per qualche tempo l'istinto ciclista che CI porta, talvolta per eccesso di generosità ed abnegazione, a strafare. Tornerai, eccome se tornerai. Sia a suonare che a pedalare.
    Più forte, soprattutto dentro.
    Jacek

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